Mais contaminato
Mais contaminato da diossina: latte, uova, polli e carne di maiale e di bovini provenienti da allevamenti coinvolti non sono commercializzabili. Silenzio assordante del Ministro Beatrice Lorenzin
La notizia del mais contaminato da diossina sembra essere passata in sordina: si tratta invece di un’allerta importante
L’Italia è un paese strano, pronto a mobilitarsi per un lotto di falso Parmigiano, ma indifferente quando arrivano 26 mila tonnellate di mais contaminato da diossine distribuito in centinaia di allevamenti sparsi in tutte le regioni (tranne Sicilia, Basilicata e Sardegna). Il Ministero della salute, che ogni giorno diffonde 3-4 comunicati su svariati argomenti, ha dedicato a questa vicenda un annuncio molto sintetico giunto con nove giorni di ritardo. Anche Coldiretti, abituata a diffondere 3-4 annunci stampa al giorno, ha ignorato il problema, anche se migliaia di allevatori sono coinvolti. In fondo alla lista ci sono i giornali a diffusione nazionale, troppo distratti dai Mondiali e dalla politica per interessarsi del problema. Ma la diossina c’è, e il blocco di latte e uova proveniente da allevamenti di animali alimentati con questo mangime è in corso da venerdì 20 giugno. Più concretamente vuol dire che il latte deve essere trasformato in latte in polvere e le uova in derivati, in attesa di analisi che determinano la concentrazione di diossina.
I polli sono più a rischio, il mais è in commercio da tre mesi e alcuni possono essere stati allevati solo con mangime contaminato
L’altro aspetto poco conosciuto è che da due mesi ci sono migliaia di animalicresciuti con mangime alla diossina. Per questo motivo il Ministero della salute ha deciso cinque giorni fa che polli, maiali e bovini alimentati con razioni contenenti mais contaminato in misura superiore al 32% possono essere macellati, ma le carcasse devono essere sottoposte a vincolo sanitario. In altre parole la carne deve essere stoccata in celle frigorifero oppure congelata in attesa di analisi per verificare la quantità di diossina presente.
La questione non è proprio banale. Da un punto di vista istituzionale le autorità sanitarie stanno verificando l’entità della contaminazione e sono in corso analisi su 12 campioni di mais, per valutare la diffusione della diossina. È però inutile negare che il 70-80% del lotto di mais contaminato scaricato nel porto di Ravenna il 6 marzo 2014 è stato dato agli animali. Una parte della diossina è quindi filtrata sicuramente nel cibo che poi è stato venduto nei supermercati e consumato dai cittadini. Stiamo parlando di latte e uova, insieme a carne di pollo, di maiale e di bovini nutriti con questo mangime.
È probabile che da tre mesi siano in vendita alimenti – come latte e uova e polli provenienti da allevamenti che hanno utilizzato mais contaminato
La situazione è cambiata da quando il sistema di allerta è stato attivato e tutte le regioni sono state informate. Il piano di emergenza messo a punto dal Ministero che Il Fatto Alimentare ha visionato prevede un primo esame di 12 campioni di materia prima contaminata per fare le prime valutazioni. La seconda fase prevede l’esame di 150 campioni di latte, uova e carne reperiti sul mercato per valutare la presenza di diossina sul prodotto al dettaglio.
Sarà questa seconda serie di prove a permettere di fare una valutazione del rischio. Dall’esito si potrà capire quanta diossina è stata effettivamente trasferita dal mangime agli animali e poi dagli animali al cibo. Di conseguenza si potrà stimare se si tratta di quantitativi pericolosi per la salute. Secondo alcuni addetti ai lavori ci vorranno 7 giorni per concludere tutte le analisi, per altri invece i tempi saranno molto più lunghi. In ogni caso la decisione di bloccare la macellazione degli animali alimentati con mangime contaminato in misura superiore al 32 % della razione, insieme a latte e uova da loro prodotti è stato un primo passo doveroso.
Secondo fonti qualificate a cui ci siamo rivolti per capire meglio la situazione il problema maggiore riguarda i polli, perché gli animali vengono macellati dopo 45-50 giorni, e nel corso della crescita può essere stato somministrato mangime con quantità di mais contaminato superiore al livello massimo del 32% fissato dal Ministero. Il problema si pone anche per le uova delle galline, e in minor misura per i maiali che vengono macellati dopo 6 mesi. Per le vacche la questione sembra più sfumata, in quanto un animale da latte può assumere al massimo 5 kg di farina di mais al giorno abbinata a 35 kg di insilato e altri ingredienti. È quindi più facile che l’eventuale diossina ingerita sia diluita e che il latte alla fine abbia una quantità inferiore rispetto a quanto previsto dai limiti di legge. Queste però sono considerazioni che potranno essere confermate solo dopo l’analisi dei 150 campioni di cibo.
Ci troviamo davanti a una falla del sistema di sorveglianza e all’incapacità di comunicare da parte del Ministero della salute
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un lotto sfuggito ai controlli dei PIF (Punti di ispezione frontaliera del Ministero della salute) e degli Uvac (Uffici veterinari per adempimenti comunitari), che non sono riusciti a bloccare un carico così importante (per la cronaca si tratta degli stessi uffici che negli ultimi mesi hanno lasciato filtrare oltre 40 lotti di pesce smeriglio e pesce spada con un eccessiva presenza di mercurio). La scoperta della diossina è stata fatta in seguito a un controllo realizzato dall’Asl di Ravenna sul mangime già confezionato. Subito dopo è scattato l’allerta e, grazie alla tracciabilità, in poco tempo si è arrivati a individuare il lotto e a bloccare l’intera filiera distributiva. In tutta questa storia c’è l’assordante silenzio del Ministro della salute Beatrice Lorenzin che, come è avvenuto per l’epidemia di epatite A causata dai frutti di bosco surgelati tutt’ora in corso, non informa i consumatori. Non è una novità, il Ministero della salute quando scoppia un’allerta alimentare preferisce non informare i consumatori, e quando lo fa riesce a creare confusione. Dire se si tratta di incapacità o di scarsa trasparenza è difficile. In ogni caso la vicenda della diossina è seria e richiede persone in grado di gestire la situazione, l’esatto opposto di quanto è stato fatto negli ultimi 10 giorni.